“Life starts all over again when it gets crisp in the fall”
- F. Scott Fitzgerald, The Great Gatsby
Bentornata newsletter, e benvenuto settembre, un mese che ho abbracciato con gioia e che per me simboleggia sempre un nuovo inizio dopo i torridi mesi estivi. È stata un’estate troppo calda, in cui si è fatto fatica persino a pensare.
Non so se sia stato il caldo, o il fatto che io stia attraversando una fase di decluttering (aka “svuota-armadi”) della mia vita, ma negli ultimi mesi ho avuto la percezione che fosse tutto troppo.
Troppi oggetti
Siamo esseri strani: da un lato si fa un gran parlare di cambiamento climatico, un sistema capitalistico non più sostenibile e dell’esigenza di cambiare rotta, e in fretta. Ormai non c’è influencer che non abbia un profilo Vinted dove rivende i suoi capi usati in nome del riciclo e della sostenibilità, e gli stessi brand stanno cercando modi per dare una seconda vita ai propri vestiti (qui un bel pezzo dove ci si chiede se questa passione per il second hand sia davvero un modo per portare i vestiti a fine vita ed evitare lo spreco, o se serva solo ad esaudire il nostro bisogno di novità costante, comprando l’usato).
Dall’altro lato, negli ultimi anni sono esplosi i siti di fast fashion, primi fra tutti Shein e Wish, dove si possono comprare a poco prezzo articoli prodotti al momento dell’ordine - nel vero senso della parola. La qualità è bassa, direttamente proporzionale al ciclo di vita dei prodotti stessi. Ultimo arrivato nel panorama dei siti fast-fashion è Temu, online shop di proprietà di una holding con sede ufficiale a Dublino e origini cinesi. Di recente è diventata la shopping app più scaricata al mondo, grazie a programmi referral molto aggressivi e ad un sistema basato sull’economia di scala (più persone acquistano, più il prezzo scende).
C’è chi pensa che il suo business plan non sia sostenibile dal punto di vista economico, e che la reale motivazione che spinge Temu a stare sul mercato sia l’acquisizione dei dati dei clienti che la utilizzano, per lo più localizzati nel mercato Occidentale.
Dati a parte, il discorso che vorrei fare è un altro. Mi ricordo come, non più di qualche anno fa, fosse Amazon ad essere costantemente nell’occhio del ciclone per i ritmi di lavoro assurdi dei propri dipendenti, la corsa al prezzo più basso (a discapito della qualità), la creazione di aspettative sfidanti per tutti gli altri eCommerce sui tempi di consegna. Oggi i nuovi Wish - Shein - Temu abbassano ulteriormente l’asticella, attirando su di loro critiche e portando la stessa Shein a provare a ripulirsi il look con un “influencer trip” che però ha suscitato più di qualche perplessità.
Non ho risposte, ma tante domande che penso dovremmo porci come persone e come aziende. Come consumatori, davvero abbiamo bisogno di una lampada led a forma di gatto, o è un acquisto che rischia di trasformarsi presto in un oggetto da smaltire? Come aziende, siamo in grado di tenere ferma la barra del nostro business e capire cosa prendere come spunto da questi nuovi marketplace e cosa invece lasciare andare? Penso all’Estetista Cinica, che da anni fa gestire le spedizioni al suo fidato Ignazio, in 4-5 giorni lavorativi, e ci ha costruito sopra uno storytelling per raccontarci quanto è figa la spedizione lenta, ribaltando quello che poteva essere un punto a suo sfavore. Ovviamente lo può fare perché supportata dalla bontà del prodotto, dal suo essere un’ottima creator, da un eCommerce ben performante, da un piano marketing ben studiato, da collaborazioni sempre sul pezzo ecc. ecc.
Non c’è visione che non possa essere supportata da un modello di business e un marketing allineato, l’importante è essere consapevoli di cosa vogliamo per il nostro eCommerce. Senza visione e senza valori, quello che rischiamo è una perenna corsa al ribasso (dei prezzi, dei tempi, delle condizioni di lavoro) che facilmente possono portarci fuori strada.
Troppa velocità, troppo tracciamento, troppi stimoli
La verità è che viviamo in un’epoca che ci porta per natura a spingerci al limite. Che va bene finché resta voglia di migliorarsi e abbandonare cattive abitudini. Il problema è quando diventa tutto troppo e giochiamo a diventare superuomini, tra canzoni velocizzate e tracking di calorie. Siamo una società con la velocità costante e il deficit dell’attenzione.
Misuriamo tutto, e sono io il primo. Sonno. Calorie. Glicemia. HRV (che? heart rate variability). Numero di passi. Follower Instagram. Iscritti a ff.
Al contempo, sempre più rinunce. Sempre più no. Alcol. Tabacco. Droghe. Zuccheri aggiunti. Aspartame. Cibi processati. Cellulare dopo le 22. Caffè dopo le 17. Cibo 3 ore prima di andare a dormire.
ff.68 Che ansia! (pt. 2)
Lo stesso avviene anche nel business, quando non ci basta mai il limite che abbiamo raggiunto. Fatturiamo tanto, ma vorremmo avere di più, e allora perdiamo il focus, spendiamo in adv senza senso, perdiamo soldi. A volte sarebbe meglio imparare semplicemnte a dire “Ne ho abbastanza”.
La cura?
Per me, ripartire dalle basi. Quando mi rendo conto che sto correndo troppo, sto andando fuori focus (e fuori di testa), mi ritaglio tempo per ragionare su quello che è veramente importante per me e per il progetto che sto gestendo.
Riprendo in mano il Kotler e provo a scomporre di nuovo il mio progetto, facendomi le domande di base tra prezzo, prodotto e promozione.
Ripenso al business model - di un eCommerce, ma sono domande che valgono per tutti, e sono poi sempre quelle:
Qual è il perché del progetto? Quali sono i valori del brand, quelli a cui proprio non posso rinuciare? Quali i punti di forza? E quelli di debolezza? Come posso migliorare questi ultimi?
Chi è il mio / mia cliente ideale? Che cosa fa, che abitudini ha, cosa lo/a rende felice o triste, cosa lo/a appassiona, cosa fa nel tempo libero? Chi segue sui social? Come prende le sue decisioni di acquisto? Personalità, identità, valori, sogni e paure sono aspetti molto importanti per capire dove poter far leva con il nostro marketing.
Chi sono i miei competitor? Può essere una concorrenza a livello di settore, o a livello di mercato. Come strutturano la loro offerta e la loro comunicazione? Che servizio/prodotto posso dare al mio target, che i competitor non offrono? Quali sono i loro punti di forza e di debolezza, che prezzi hanno?
Qual è la missione del mio business, che valori ha? Che problemi risolvo per i clienti, come li faccio sentire? Dove voglio essere tra 3 - 5 - 10 anni? Posso ricondurre il tutto ad obiettivi SMART (Specifici, Misurabili, Raggiungibili, Rilevanti, Temporizzati)?
Nel business plan dei prossimi 12 mesi, cosa vale la pena che resti e cosa no? Quali sono i miei obiettivi di fatturato mese per mese, e come prevedo di raggiungerli? Quali saranno i costi, quali gli investimenti? Prevedo lanci di prodotto o eventi?
Fermarmi, respirare e provare a farmi le domande qui sopra spesso mi aiuta quando mi sento sopraffatta dal troppo rumore per la novità del momento. Quando sento di andare troppo veloce e di iniziare a costruire troppi costrutti e pensieri che poi alla lunga diventano una gabbia. Quando vado in overtracking, overthinking, over-qualsiasi-cosa.
Che poi, all’improvviso, la vita ci mette davanti alle cose davvero importanti e tutto il resto passa in secondo piano (spoiler alert: leggi questo post solo quando puoi non preoccuparti se ti scende una lacrima).
Cose belle viste in giro
Un podcast, Morgana, scoperto in ritardo (ma sto recuperando). Ho adorato i racconti su Cher, Angelina Jolie, Stephen King;
Un romanzo: Poverina, di Chiara Galeazzi. L’argomento in sé non è leggero, ma lei sa come sdrammatizzare. Mi sono fatta tante risate.
Il nuovo eCommerce di Drake, che è anche molto di più - ovvero una finestra sul suo stile di vita, con collaborazione in dropshipping;
The Ikea effect, by Wall Street Journal.